Disturbo Post Traumatico da Stress: cause, sintomi e cura.

Secondo uno studio epidemiologico condotto su iniziativa dell’OMS in diversi paesi europei, oltre il 50% della popolazione italiana è stata esposta nella sua vita ad almeno un evento traumatico e pertanto presenta un rischio di sviluppare un Disturbo Post Traumatico da Stress tra lo 0,8% e il 12,2%.
Attualmente, dopo più di un anno dall’inizio della pandemia di Covid-19, diversi lavori condotti in vari paesi nel mondo hanno evidenziato un’incidenza dei sintomi di Stress Post Traumatico pari al 30% della popolazione generale. Uno scenario simile era emerso già nel 2003 durante l’epidemia di Sars.
Ovviamente la condizione emergenziale che abbiamo affrontato negli ultimi mesi è solo una delle possibili esperienze che possono scatenare questo disturbo.
Conosciamolo meglio insieme.
COS’È IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS
Il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD, Post Traumatic Stress Disorder) è una patologia che può svilupparsi in quelle persone che hanno subito o che sono state testimoni di un evento traumatico, catastrofico o violento, oppure ancora che sono venute a conoscenza di un’esperienza traumatica accaduta a una persona cara.
Abusi sessuali, incidenti stradali, storie di migrazione, attentati terroristici e catastrofi naturali – come terremoti, alluvioni – sono tra le principali cause che possono determinare lo sviluppo del disturbo.
Ovviamente, data una certa esperienza non è automatico lo sviluppo dei sintomi post traumatici. Alcune persone infatti riescono a superare lo shock e la sofferenza da soli o grazie al supporto della famiglia e della comunità. Altre, invece, possono sviluppare dopo qualche tempo dei sintomi tipici che interferiscono significativamente con la vita lavorativa, sociale o scolastica. A quel punto si procede con la valutazione e la possibile diagnosi di PTSD.
LA STORIA DEL DISTURBO
La narrazione e descrizione di sintomi post-traumatici ha radici lontane nel tempo, ne possiamo rintracciare precursori già in testi molto antichi come l’Iliade. Un primo studio più strutturato è disponibile a partire dalla prima guerra mondiale, ad opera degli psichiatri militari impegnati con i diversi schieramenti.
Durante la seconda guerra mondiale e la guerra di Corea gli psichiatri militari, tra cui Bion e Foulkes, ripresero gli spunti dei loro predecessori ed iniziarono a sviluppare trattamenti specifici per le sindromi traumatiche nel personale militare. Fu poi con la guerra del Vietnam che la prevalenza delle sindromi post-traumatiche nel personale militare iniziò a manifestarsi in proporzioni ancora più ampie.
Dobbiamo arrivare nel 1980 per assistere all’introduzione nel DSM-III della diagnosi di Post-Traumatic Stress Disorder, riprendendo e modificando la precedente definizione di Gross Stress Reaction presente nella prima versione del manuale.
SINTOMI E DIAGNOSI
Secondo la quinta edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali) per procedere con la diagnosi di PTSD è necessario valutare la presenza dei seguenti criteri:
1. Esposizione a un evento traumatico: Esposizione – diretta o indiretta – ad un evento traumatico, come morte o minaccia di morte, grave lesione oppure violenza sessuale.
2. Sintomi di risperimentazione: La vittima rivive ripetutamente il momento del trauma sotto forma di flashback o incubi, il cui contenuto spesso riguarda, in maniera più o meno esplicita, persone, situazioni, luoghi o particolari legati all’evento traumatico.
3. Sintomi di evitamento: Nel tentativo di evitare la risperimentazione del trauma, la vittima comincia ad evitare alcune situazioni, attività o persone che ricordano, simboleggiano o sono in qualche modo associate all’evento traumatico. L’evitamento può riguardare anche l’esperienza interna della persona, che in maniera più o meno consapevole cerca di sopprimere ricordi spiacevoli o emozioni intense e negative, ad esempio facendo uso di alcool e droghe, gettandosi a capofitto nel lavoro, adottando comportamenti sessuali compulsivi e a rischio, giocando d’azzardo o infliggendosi dolore fisico mediante atti di autolesionismo.
4. Sintomi di alterazione negativa dei pensieri e delle emozioni: Il trauma è una ferita, uno strappo che lacera il tempo e crea uno spartiacque tra un “prima” e un “dopo”, tra la “salute” e la “malattia”. Questa trasformazione porta la vittima a strutturare convinzioni o aspettative negative e rigide su se stessa, gli altri o il mondo. Le emozioni negative includono senso di colpa, vergogna, rabbia, paura e umore depresso. Per proteggersi dal dolore psicologico, la persona può cercare di distaccarsene e risultare insensibile, disinteressata o estraniata. Anche la memoria può essere significativamente alterata, ad esempio la persona può non ricordare particolari anche estesi del trauma, un fenomeno noto come amnesia post-traumatica.
5. Sintomi di iperattivazione (arousal): Nella persona con PTSD la modalità difensiva di attacco/fuga di fronte alla situazione pericolosa è costantemente attivata. La vittima vive quindi in uno stato fisiologico di iper-arousal che non si esaurisce naturalmente allo scomparire della fonte di pericolo. La persona diviene ipersensibile ai potenziali segnali di pericolo e tende a rispondere in maniera esplosiva e rabbiosa anche in assenza di provocazione e a vivere in uno stato di tensione costante che interferisce per esempio con la possibilità di rilassarsi o di addormentarsi.
Questo quadro sintomatologico così descritto deve durare più di un mese, creando sofferenza e interferendo con l’abituale funzionamento della persona in aree importanti della sua vita quotidiana.
ALTRE TIPOLOGIE DI PTSD
I sintomi di un PTSD possono manifestarsi anche in forme particolari, come per esempio:
1. PTSD con sottotipo dissociativo: oltre ai sintomi tipici, la persona riporta anche persistenti sintomi di dissociazione, come depersonalizzazione (sensazione di distacco dal proprio corpo e dai propri processi mentali, oppure di essere un osservatore esterno di se stesso) o derealizzazione (sensazione di distacco dall’ambiente circostante, che appare irreale, distorto o come in un sogno).
2. PTSD a espressione ritardata: in questo caso i sintomi del disturbo si manifestano dopo oltre 6 mesi dall’esposizione all’evento traumatico, addirittura dopo diversi anni.
3. PTSD nei bambini: nei bambini che sviluppano il disturbo alcuni dei sintomi caratteristici hanno manifestazioni tipiche, differenti da quelle degli adulti. Gli elementi del trauma per esempio possono non essere rimessi in atto attraverso il gioco, mentre il contenuto traumatico dei sogni può non essere immediatamente riconoscibile. I sintomi di iperattivazione si evidenziano in particolare in problemi di condotta, attenzione e concentrazione in ambiente scolastico.
4. PTSD complesso: si manifesta in seguito a traumi precoci di natura interpersonale come abusi perpetrati da una figura di accudimento e di tipo cronico, come maltrattamenti ripetuti, violenze cumulative o grave trascuratezza. L’OMS considera il C-PTSD come un disturbo indipendente, inserito nell’undicesima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11).
Secondo l’APA (American Psychiatric Association) l’80% degli individui con PTSD può presentare anche altri disturbi o problematiche psicologiche come: ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, problemi di sonno, somatizzazione, abuso di sostanze e altre dipendenze comportamentali, Disturbo Dissociativo dell’ Identità (DID) e Disturbi di Personalità. Altre difficoltà spesso associate al PTSD possono riguardare la sfera della sessualità, il controllo degli impulsi, l’autolesionismo, pensieri e i comportamenti suicidari, dolore cronico o sintomi fisici senza una causa medica identificabile.
COME SI CURA IL DISTURBO POST TRAUMATICO DA STRESS
Fortunatamente la psicologia raccoglie quotidianamente testimonianze di guarigione da questo disturbo.
Cosa fare in caso di comparsa dei sintomi tipici di un Disturbo Post traumatico da Stress?
Innanzitutto, rivolgersi ad un professionista.
Lo psichiatra e lo psicologo sono le figure di riferimento in questa circostanza. Un adeguato percorso di terapia – se necessario associato ad un trattamento farmacologico – possono permetterti di superare la sofferenza e ritrovare il tuo equilibrio anche in tempi brevi.
I trattamenti più efficaci e solitamente indicati per questo tipo di disturbo sono quelli che permettono alla persona di ricollocare l’evento traumatico nella giusta dimensione temporale (passato) e interrompere quelle abituali modalità di reazione che da tentate soluzioni si trasformano in strategie disfunzionali, che rischiano di tenere in piedi il problema più a lungo. Come per esempio evitamento, richiesta d’aiuto e continuo controllo dei propri pensieri e delle proprie emozioni.
Tra i vari interventi suggeriti, le terapie brevi e in particolare la terapia strategica permettono di lavorare sul trauma trasformandolo da ferita profonda a cicatrice come avviene nell’arte giapponese del Kintsugi (la prassi di riparare con l’oro oggetti rotti, assemblandone i frammenti e dandolo loro una nuova vita esaltandone le crepe) con un’efficacia provata nel 95% dei casi con una media di circa 7 sedute.
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