Il Lutto – Un tempo per ricominciare

Ci sono temi più delicati di altri, più difficili da mettere in parola, legati ad accadimenti inevitabili nella vita di tutti noi. Uno di questi argomenti è certamente il lutto, evento inevitabile ma che ci coglie sempre in qualche modo impreparati: un tempo sospeso che segue la perdita di una persona cara, fatto di domande, pensieri e dolore.
Oggi proviamo a parlarne, procedendo in punta di piedi e a bassa voce.
Con questo articolo voglio approfondire il tema, ricordando subito che ogni situazione è diversa e che ogni persona vive quest’esperienza in maniera unica e non generalizzabile. Pertanto sentiti libero di scrivermi per pormi ulteriori domande o chiedermi consigli, trovi il form per contattarmi al termine dell’articolo.
CHE COS’È IL LUTTO?
“Stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo che ha fatto parte dell’esistenza”
(dal Dizionario di psicologia di Umberto Galimberti)
Alla perdita di una persona cara consegue il lutto, uno stato psicologico caratterizzato da tipiche manifestazioni emotive, cognitive e comportamentali che evolvono nel tempo. È una risposta naturale, inevitabile e fisiologica, e pertanto non può e non deve essere medicalizzata.
Pianto, mancanza di energia, tristezza, confusione, insonnia e inappetenza, ritiro sociale, in alcuni casi senso di colpa, sono tra le manifestazioni più comuni. Queste varie forme del dolore si presentano dapprima in maniera acuta, per poi andare gradualmente a perdere di intensità col passare del tempo in parallelo ad un riadattamento della vita della persona alla nuova condizione ed ad una maggiore consapevolezza di ciò che è accaduto.
L’avvenimento, improvviso o previsto, viene inserito nella narrazione e nella storia del proprio percorso di vita e acquisisce un senso.
LE FASI DELL’ELABORAZIONE DEL LUTTO
“Non è che tu ne venga fuori come un treno dalla galleria, emergendo dalle tenebre e immergendoti nel sole. Ne vieni fuori come un gabbiano esce da una chiazza di petrolio. Sei impiastricciato e incatramato per sempre.”
Julian Barnes
In letteratura si distinguono cinque fasi del lutto, secondo il modello proposto negli anni sessanta dalla psichiatra svizzera Elizabeth Kubler-Ross:
– la fase del rifiuto: all’inizio la persona nega la realtà dei fatti, non gli è possibile accettare l’accaduto.
– la fase della rabbia: segue una seconda fase in cui la persona sperimenta la rabbia per la perdita subita, la vive come un’ingiustizia e cerca una spiegazione per dare senso a ciò che è successo.
– la fase del patteggiamento: la persona inizia a comprendere l’irreversibilità della situazione e riprende gradualmente in mano la propria vita.
– la fase della depressione: in questa fase avviene una piena presa di coscienza della perdita e la persona vive uno stato di sofferenza per tutto ciò che non può più condividere con la persona che non c’è più.
– la fase dell’accettazione: il processo di elaborazione si conclude quando la persona è pronta a dare un senso a quanto è successo e torna a dedicarsi con interesse ed entusiasmo al suo progetto di vita.
Ma è possibile parlare di un’esperienza così intima rifacendosi ad un modello pre – strutturato?
Descrivere questo percorso in maniera rigida, senza tenere conto di fattori personali e contestuali che rendono ogni vicenda irripetibile?
QUANDO IL LUTTO DIVENTA PATOLOGICO
A questo punto, nascono spontanee alcune domande:
Quanto dura il lutto? Come comportarsi quando il lutto non vuole finire?
Molte persone incontrano difficoltà nel processo di elaborazione del lutto così come lo abbiamo descritto poc’anzi. Secondo numerosi studi si stima che la percentuale oscilli tra il 7-10% della popolazione.
Alcuni non riescono a superare l’evento e questo comporta una seria e persistente compromissione delle attività quotidiane, dal lavoro alle relazioni, e la necessità di un supporto professionale.
Una prima distinzione tra lutto “normale” e patologico fu fornita da Parkes, il quale descrisse tre forme atipiche di lutto:
1 il lutto cronico, che si caratterizza per una maggiore intensità e durata dei sintomi tipici.
2 il lutto inibito, che si caratterizza invece per una apparente mancanza dei sintomi tipici.
3 il lutto ritardato, caratterizzato dalla comparsa di un lutto tipico o cronico dopo un primo periodo di inibizione delle reazioni comuni.
Nel DSM – il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – viene illustrato il cosiddetto Lutto Complicato, definito come quel disturbo che “si configura con la persistenza, oltre l’arco temporale di circa 6 mesi dalla perdita, delle manifestazioni acute del lutto, ed è caratterizzato da sentimenti di nostalgia intensi e ricorrenti, desiderio di ricongiungersi con la persona amata fino, in alcuni casi, al desiderio di seguirne il destino.” (“Il lutto complicato nell’era del DSM- 5” – Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa).
In questi casi è sicuramente opportuno un supporto professionale, incoraggiando la persona a rivolgersi ad uno psicologo per intraprendere un percorso che faciliti l’elaborazione del lutto ed il ritorno ad una vita serena.
COME AFFRONTARE IL LUTTO
Cosa puoi fare quindi per aiutare qualcuno che sta vivendo un lutto?
Cosa puoi fare quando sei tu ad aver dovuto dire addio ad una persona cara?
Ascoltare.
La prima cosa che puoi fare, talvolta l’unica, è esserci. Offrire la tua presenza per dare spazio al dolore dell’altro. Sono sufficienti poche parole ed un abbraccio, per far sapere a chi ti sta di fronte che può contare su di te.
Ascoltare l’altro certo, ma ascoltare anche te stesso. Accettare la sofferenza, come inevitabile e naturale. Non avere vergogna dei tuoi sentimenti, del turbine di emozioni che ti travolge, della tua fragilità. Non avere paura di chiedere supporto o di voler stare da solo.
Ascolto, accettazione, accoglienza.
Il lutto è un processo naturale, che deve fare il suo corso. Anche con alti e bassi.
Ascolto e tempo.
Non forzare, non forzarti. Prenditi il tempo di cui hai bisogno. Non avere fretta di dimenticare e tornare subito alla “normalità”.
“Il cuore guarisce quando capisce, non quando dimentica”
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