Nel mondo degli introversi: caratteristiche, doti e ambiente favorevole.

Nei mesi scorsi ho letto un libro molto interessante ed utile per immergermi nel mondo dell’introversione. Ammetto che la curiosità più che professionale è stata in un primo momento personale, avendo scoperto – solo di recente – di rientrare in questa definizione.
Il libro in questione è “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare.” di Susan Cain. L’articolo che vi propongo è in larga parte ispirato proprio da questo testo, che vi consiglio di leggere se l’argomento vi incuriosisce.
Ma andiamo a piccoli passi.
COSA SIGNIFICA INTROVERSIONE? CHI E’ L’INTROVERSO?
L’introversione è uno dei maggiori tratti di personalità riconosciuti dalle teorie psicologiche. Gli introversi sono descritti come persone che hanno la tendenza ad essere “chiuse” in se stesse, rivolte e concentrate maggiormente su pensieri, sentimenti e stati d’animo interni, piuttosto che verso stimoli esterni. L’introversione è inoltre descritta come l’opposto dell’estroversione.
Gli introversi sono generalmente più silenziosi, riflessivi, riservati e introspettivi rispetto agli introversi. Questi ultimi, al contrario, traggono energia e maggiore beneficio dallo stare in interazione con altri.
QUAL è LA DIFFERENZA TRA INTROVERSIONE E TIMIDEZZA?
Molto spesso timidezza ed introversione tendono ad essere confuse, ad essere utilizzate quasi come se fossero sinonimi. In realtà la timidezza e l’introversione non sono assolutamente la stessa cosa. E vi assicuro che questo punto non è per nulla ovvio, ma rappresenta una vera a e propria liberazione scoprirlo per chi tutta una vita è stato identificato come timido e poi ha compreso di essere introverso.
La differenza è abbastanza semplice, seppur sottile. La timidezza ha a che fare principalmente con la paura di essere giudicati dagli altri, di non essere accettati o essere considerati in poca o scarsa considerazione. Una persona timida sente il disagio di mostrarsi, di essere visto e per questo di essere giudicato. L’introverso invece fa più fatica ad aprirsi, a raccontare di sé e a confidarsi perché predilige la calma e le situazioni con pochi stimoli ambientali.
In pratica, una persona particolarmente silenziosa durante una riunione di lavoro potrebbe comportarsi in questo modo per due ragioni differenti: per la paura di esporre la propria visione su un determinato argomento ed essere giudicato o perché in realtà in quella situazione non si sente a suo agio.
Per approfondire questo tema vi invito a leggere un articolo – sempre di Susan Cain – in cui illustra in maniera chiara e dettagliata questa differenza.
MA QUANTI SONO GLI INTROVERSI?
Quanti sono davvero gli introversi? Sembra una domanda superflua da porsi, ma dobbiamo considerare che una stima reale del numero di introversi probabilmente ci sfuggirà sempre dal momento che in molti cercano di mostrarsi estroversi – sforzandosi di essere chi non sono – pur di sentirsi accettati da una società che sembra premiare ed idealizzare le qualità degli estroversi.
Seppure è davvero difficile, in alcune situazioni, per gli introversi diventare pienamente consapevoli delle proprie doti vi assicuro che a seguito di questa scoperta si scatena una tale meraviglia e potenza per cui vale davvero la pena mettersi in ascolto delle proprie caratteristiche.
QUALI SONO LE DOTI DEGLI INTROVERSI?
Alcuni vantaggi dell’essere introversi:
-
alcune ricerche hanno mostrato in maniera dettagliata alcune delle caratteristiche tipiche degli introversi che li rendono, soprattutto in ambito lavorativo, molto avvantaggiati. Gli introversi tendono a prestare maggiore attenzione ai segnali di avvertimento e pericolo, sono così più capaci di regolare la sensazione di desiderio ed eccitazione riuscendosi a tutelare dai rischi le proprie imprese; sono inoltre molto abili nello stilare piani e poi seguirli con disciplina; gli introversi sono più capaci degli estroversi nel differire le gratificazioni e questo li aiuta ad ottenere nel lungo termine migliori risultati scolastici, professionali e raggiungere i propri obiettivi personali.
-
tra il 1956 e il 1962 all’Università di Berkley vennero condotti degli studi sulla creatività che misero in luce come le persone contraddistinte da una notevole creatività, spesso resa possibile da momenti di studio e lavoro in solitudine, potessero essere definite introverse. Per Eysenk “l’introversione concentra la mente sul compito da svolgere impedendo la dispersione delle energie”.
SIAMO INTROVERSI O ESTROVERSI SEMPRE E PER SEMPRE?
I tratti caratteristici della nostra personalità sono rigidi e statici oppure possono variare in base alle circostanze?
Per gli psicologi che studiano la personalità è possibile, per una stessa persona, essere socievole in una determinata circostanza ed in un particolare momento della giornata e al tempo stesso solitari in altre occasioni. Pur mantenendo sempre le sue principali caratteristiche di personalità.
Una possibile spiegazione a questa flessibilità viene data dalla Free Trait Theory. Secondo questa teoria tutti noi nasciamo con un particolare corredo genetico che ci predispone ad una certa personalità, per esempio all’introversione, ma possiamo agire in alcune occasioni “contro carattere” per i cosiddetti core personal projects, ovvero quei progetti e quelle attività che abbiamo particolarmente a cuore. Tuttavia riusciremmo a controllare e trasformare il nostro atteggiamento solo fino ad un certo limite, definito da un fenomeno chiamato behavioral leakage in base al quale il nostro vero modo d’essere trapela in maniera sottile e inconsapevole attraverso il linguaggio del nostro corpo: per esempio un introverso potrebbe rifuggire al contatto visivo in un’occasione importante pur mostrandosi socievole e colloquiale.
Va precisato che, seppure il fine giustifica i mezzi, è consigliabile non comportarsi contro carattere troppo a lungo, possibilmente creandosi delle “nicchie rigeneranti” nel corso della propria giornata: spazi in cui tornare alla propria natura, luoghi fisici o temporali in cui rigenerarsi e ricaricarsi.
LA GENETICA DETERMINA IL NOSTRO DESTINO?
Il temperamento è una questione genetica?
Gli studi dello psicologo Jerome Kagan hanno dimostrato che alta e bassa reattività agli stimoli esterni in età infantile tendevano a corrispondere a introversione ed estroversione nella vita adulta. Kagan e il suo team osservarono il comportamento dei bambini in situazioni insolite, ne misurarono il battito cardiaco, la pressione sanguigna, la temperatura delle dita e altri parametri legati all’attivazione del sistema nervoso. Secondo la loro ipotesi (dimostrata), i bambini nati con un’amigdala particolarmente eccitabile avrebbero strillato e scalpitato di fronte ad oggetti inconsueti, immagini odori e rumori sconosciuti per poi trasformarsi crescendo in bambini tendenzialmente vigili nell’incontro con persone nuove, come è appunto per gli introversi.
Ma possiamo ridurre la personalità, introversa o estroversa che sia, ad una tipologia di organizzazione del sistema nervoso?
Abbiamo credo tutti esperienza di persone con aspetti caratteriali tra loro dissonanti, di cambiamenti profondi che avvengono nel corso del tempo. È fondamentale comprendere e accettare che numerosi fattori ambientali possono determinare un certo tipo di personalità a prescindere dalla reattività del sistema nervoso. Dopo lo studio di Kagan, Schwarz ha condotto una ricerca per studiare lo sviluppo di quei bambini identificati come molto o poco reattivi. I risultati hanno dimostrato che le esperienze e l’ambiente di vita possono incidere sulla nostra personalità, ma solo fino ad un certo punto. Una parte consistente della persona che siamo è frutto dei nostri geni, eppure disponiamo del libero arbitrio e di una grande elasticità, che ci consentono di dare forma come meglio desideriamo alla nostra personalità.
QUALE AMBIENTE SUPPORTA E FACILITA UN INTROVERSO?
Se consideriamo introversione ed estroversione come “preferenze” per un certo tipo di stimolo più o meno intenso, a questo punto dobbiamo iniziare anche a pensare ad ambienti più o meno favorevoli a certi tipi di personalità. Organizzare cioè le nostre vite in base a quelli che vengono definiti “sweet spots”, cioè luoghi in cui ciascuno di noi è stimolato al livello ottimale.
Mi piace condividere con voi al termine di questo excursus un’immagine molto bella proposta da David Dobbs.
Alcuni bambini sono come un soffione, un fiore capace di di nascere e poi prosperare in quasi ogni tipo di ambiente; altri – tra cui quelli ad elevata reattività – somigliano all’orchidea che invece per crescere forte e prosperare necessita di un ambiente favorevole.
Spesso ci stupiamo quando bambini introversi sbocciano, diventando col tempo adulti felici, sicuri e realizzati. Ci pare una metamorfosi del bambino stesso, ma forse in alcuni casi a cambiare è stato l’ambiente circostante che si è adattato alle sue necessità.
“Gli individui fioriscono quando sono impegnati in attività,
ruoli e situazioni in armonia con la loro personalità”.
Brian Little
Per concludere, alcuni suggerimenti per permettere che un bambino introverso (ma anche un adulto) possa fiorire seguendo la sua strada:
– l’introversione non è una malattia, pertanto non va curata o eliminata. Prendere consapevolezza di ciò permette all’ambiente che circonda l’introverso di porsi nei suoi confronti con la giusta mentalità.
– gli introversi sono più di quelli che credi, quindi guardati intorno e prova ad ascoltare quali sono i reali bisogni e particolarità dei bambini e delle persone che ti circondano.
– elogia, incoraggia e supporta gli interessi del bambino introverso. Non forzarlo ad aderire ad un certo modello, ma asseconda le sue predisposizioni e accompagnalo nella scoperta dell’ambiente e degli stimoli che gli sono più congeniali.
Essere introversi è una scoperta ed un viaggio irripetibile, affrontarlo con i giusti strumenti e con la giusta guida è una conquista.
Se hai bisogno di supporto o di essere accompagnato in questo percorso, puoi contattarmi tramite il form che trovi di seguito.